Pesca a mosca


La ferrata sulla bollata nel nostro artificiale.

La ferrata sulla bollata nel nostro artificiale.

Tutta la nostra preparazione, lo studio degli ambienti e degli insetti dove intendiamo pescare, l’esercizio fatto in palestra piuttosto che sul prato o mentre peschiamo, lo studio al morsetto per creare un artificiale adeguato o comunque seguendo ricette di nostri predecessori.

Tutte queste cose riversate in una frazione di secondo, un attimo atteso e preparato con coscienza che nell’insieme supera la sola cattura.

Questo è la pesca a mosca.

Quando il semplice fatto di ottenere una cattura non è solo un pesce in più nel carniere, cosa che per altro può avvenire dato che in fin dei conti la pesca è nata per nutrirsi, la cattura non è il termine ultimo.

Si tratta di una tecnica molto antica, di cui abbiamo conoscenza “ante domini”, in particolare in Grecia, riguardo la quale abbiamo una bibliografia certa a partire dal XV secolo in Inghilterra e che ha più in generale la maggiore quantità di pubblicazioni al mondo al punto da eguagliare in termine di ristampe in un caso in particolare, il libro “The Complete Angler” di Isaac Walton (prima edizione 1653, ultima 1967), persino la stampa della Bibbia.

Tecnica che adotta il volteggio di una lenza di un certo volume per portare sull’obbiettivo un artificiale che non ha quasi peso. Non per niente in Italia la chiamiamo tecnica “a frusta”.

La pesca a mosca fu appannaggio dei nobili inglesi che la portarono ai giorni nostri come una filosofia applicata al fiume con l’atteggiamento aristocratico con la quale in alcuni casi ancora oggi viene vista (il costo delle attrezzature, il rilascio del pescato, il rigido comportamento rituale nei confronti della pratica, dettato per altro da quelle che oggi sappiamo essere regole legate alla presenza degli insetti sull’acqua) ai giorni nostri è praticabile da chiunque decida di cimentarsi.

Spesso però molti affrontano l’argomento così come quando si mette un verme sull’amo.

Non è così, così non può funzionare.

Quello che nella pesca a mosca non si può evitare sono la conoscenza e la pratica.

Si tratta sempre di pesca, quindi dovremo sapere sempre dove e come trovare un pesce, come si comporta, quando mangia ecc., però non lo faremo solo per l’esca che abbiamo stabilito di usare, ma il contrario. Dovremo sapere che esca usare sullo stesso finale ad ogni situazione di pesca ci si porrà di fronte. La pesca a mosca è la pesca delle molte esche, tutte le esche, tutte quelle che corrispondono agli insetti presenti nel dato lago o fiume, compresi i piccoli pesciolini, i girini, le sanguisughe (tutti questi ultimi imitati dagli streamers).

Esca per la pesca a mosca Esca per la pesca a mosca

Va’ di conseguenza che bisogna avere una seppur superficiale cultura di quali insetti potremo trovare negli ambienti acquatici che intendiamo frequentare ed insieme a questo saper portare il nostro artificiale dove ci serve.

Noi italiani, per via dei nostri torrenti infrascati e con acque molto veloci, abbiamo sviluppato la tecnica di lancio in modo superiore rispetto alle altre nazioni, con l’intento di rispondere alla necessità di far “pescare” in acqua l’artificiale il maggior tempo possibile in acque di difficile approccio.

Pesca nei torrenti

La capacità di portare la mosca con precisione ed adottare accorgimenti adeguati perché questa non venga subito portata via dalla corrente, non derivi in malo modo e di conseguenza dia il tempo ed il modo al pesce di attaccarla dipende appunto dalla tecnica di lancio.

Pesce che abbocca

Insieme a questo la mosca dovrà essere sì costruita in modo da imitare con buona approssimazione gli insetti presenti nel torrente, ma dovrà anche essere composta da materiali che permettano un ottimo galleggiamento e resistenza alla corrente dell’acqua.

Torrente di montagna

Gli insetti che abitualmente troviamo nel torrente con forme e dimensioni su cui non mi intendo dilungare ora per la vastità e la particolarità riguardo la zona ed il torrente sono: le effimere (vedi foto 2b), i tricotteri banalmente noti come portasassi o portalegna (vedi foto 3), ed infine i plecotteri (vedi foto 4 e foto 4b).

Quelli nelle foto sono solo degli esempi, giusto per dare l’idea di cosa stiamo parlando.

Effimere e tricotteri possono essere imitati con articiali definiti “d’insieme” cioè con caratteristiche e colori a carattere generale come la peute (vedi foto 3b), mentre i plecotteri hanno anche loro molte differenti dimensioni, ma la più utile in estate in torrenti in quota è sicuramente l’imitazione della Grande Perla (vedi foto 4c) per la dimensione che la rende particolarmente appetibile.

Lago Arpon

La pesca in lago, soprattutto un lago in quota come il nostro Arpon, necessita invece di altre attenzioni.

Innanzitutto non si tratta di una pratica di pesca che si possa praticare da fermi. Io dico sempre che la pesca in un lago in quota è come la caccia al camoscio. Bisogna camminare, cercare la preda in attività e …. al posto di una pallottola tirarle una mosca contro.

Questo richiede attenzione ai particolari, usare un paio di occhiali polarizzanti per vedere bene i pesci in attività e proporre loro un artificiale adeguato in base alla stagione, alla temperatura, al loro comportamento. Lanciando il più possibile dove necessario nonostante gli ostacoli della riva.

Mentre in un torrente il pesce attacca in maniera quasi indistinta sopra e sotto la superficie, in lago lo stesso ha modo di valutare con più calma l’esca, conosce bene gli insetti che madre natura propone e sa in quale condizione della loro attività di schiusa sono più facilmente catturabili.

Potrebbe trattarsi di piccoli coleotteri, di mosconi neri (vedi foto 10 e foto 10b), di formiche, di chironomi (leggi zanzare ed affini), di pupe di tricottero in fase di maturazione (queste per esempio non si vedono, ma si intuisce la loro presenza dal fatto che i pesci non portano la bocca verso la superficie, ma compiono una azione come “schienare” la superficie dell’acqua).

Da questi esempi ecco la necessità di affrontare la pesca con la mosca attraverso un processo di formazione che permette intanto di bruciare le tappe legate alla sola esperienza, poi di compiere una cattura con una coscienza tale da rendere quest’ultima il corollario di una esperienza che attraversa i molteplici aspetti di questa passione anche quando siamo davanti ad un morsetto a montare un artificiale in casa in pieno inverno oppure quando proviamo a portare un fiocchetto legato al finale sotto i rami di una pianta del giardino di casa, come se ci fosse un pesce che bolla.

Prima o poi quel pesce lo prenderemo.

Pesce

Franco Vaccarino